Quella che viene definita come sindrome del sopravvissuto è una condizione psicologica che insorge nelle persone che non muoiono a seguito di eventi catastrofici. Si tratta di una specie di trauma psichico legato alla buona sorte e all’angosciosa domanda: “Perché gli altri sono morti ed io no?”
Un po’ di storia
I primi studi a riguardo risalgono alla guerra civile americana (1861-1865) dove si parlava di “Soldier’sheart”, ossia cuore del soldato. Dopo la seconda guerra mondiale, quando i sopravvissuti ai Lager Nazisti iniziarono ad esprimere disagi psicologici legati ad unforte senso di colpa, che condizionava il loro funzionamento sociale, si iniziò a parlare di “Sindrome dei campi di concentramento”.
I sintomi più frequenti erano il ritiro dalla vita sociale, sentimenti di inadeguatezza, tendenza a rivivere gli eventi che avevano generato il trauma e sviluppo di disturbi depressivi o d’ansia.
Solamente dagli anni ’70 tale sindrome è definita “Sindrome del sopravvissuto”.
L’Olocausto
Al momento della liberazione, tutti i sopravvissuti ai campi di concentramento, totalmente sconnessi dal mondo esterno e dalla vita normale, sono stati salvati dall’incubo dell’Olocausto. Nonostante ciò, da quel momento è iniziato anche un incubo personale: il trauma che le vittime avevano vissuto rendeva particolarmente complesso il ritorno alla realtà quotidiana.
Le Torri Gemelle
La Sindrome del Sopravvissuto ha colpito anche vittime di eventi recenti. Nel 2011 una dei quattro italiani sopravvissuti all’attentato alle Torri Gemelle raccontava, nell’anniversario dell’attentato:
«Mi trovavo al 46º piano. Quando scesi rimasi quasi paralizzata alla vista di quanto succedeva. Per fortuna qualcuno urlò il mio nome e mi portò via. Nei mesi successivi ho sofferto di sensi di colpa per essermi salvata. Perché io, che non sono nemmeno sposata, e non tante madri di famiglia, che invece hanno perso la vita? Da quel giorno non ho più provato cosa vuol dire essere veramente felice».
I ragazzi del Bataclan
Per citare uno tra gli ultimi episodi catastrofici basti nominare la strage del Bataclan a Parigi. La psicologa che ha incontrato coloro che sono scampati alla mattanza afferma:
«Mi raccontano i rumori dei kalashnikov, il lago di sangue che hanno attraversato, l’incapacità di prendere una decisione. Poi c’è il senso di colpa – dice – ed è proprio quello che impedisce a molti ragazzi di dormire la notte. Mentre stava scappando, un ragazzo ha incrociato lo sguardo di un coetaneo ferito che chiedeva aiuto. Lui non si è fermato ad aiutarlo perché aveva paura di essere ucciso. Adesso non dorme perché pensa a quello che avrebbe potuto fare per salvarlo».
La storia tristemente, si ripete.
Come si manifesta la Sindrome del Sopravvissuto
I sintomi di questa sindrome sono: ansia, rabbia e flashbacks. Questi segnali, riconducibili a quelli del Disturbo Post-Traumatico daStress, sono accompagnati dal cosiddetto “senso di colpa del sopravvissuto”. Nonostante la totale mancanza di responsabilità, infatti, il superstite è devastato da una sensazione di colpevolezza proprio per essere riuscito a sopravvivere rispetto ad altre persone che, invece, non ce l’hanno fatta. Allo stesso tempo, il sopravvissuto ha la percezione di non avere fatto abbastanza per prevenire questo evento traumatico. L’idea che non ci sia stata giustizia ed equità crea un malessere complesso da sconfiggere.
Non è necessario che il sopravvissuto, col proprio comportamento, abbia causato la morte altrui, e nemmeno che l’abbia desiderata o che si sia disinteressato del loro destino. Il malessere deriva principalmente dalla percezione che sia stato violato un principio di equità. La domanda ricorrente è :
“Perché io e non altri?”
Questa domanda, destinata a rimanere irrisolta, finisce per generare ruminazione e, di conseguenza, ansia, depressione, disturbi del sonno, perdita di motivazione, sbalzi di umore, e in alcuni casi anche disturbi psicosomatici.
Un aiuto psicologico resta dunque necessario per accettare l’accaduto e ritrovare la voglia di vivere.
Non si può scegliere il modo di morire. O il giorno. Si può soltanto decidere come vivere. Ora.
(Joan Baez)
Dott.ssa Daniela Pagliara